martedì 15 dicembre 2009

[No*Cop15]: notte di resistenza, irruzione polizia a Christiania

Resistenza per le vie di Copenhagen. Irruzione della polizia nel centro sociale Christiania. 200 compagn* fermat*, molti rilasciati in mattinata, anche il nostro inviato Vincenzo

[Aggiornamento] Molti dei fermati di questa notte sono stati rilasciati, fra loro anche il nostro corrispondente da Copenhagen Vincenzo. Che ci ha raccontato come è andata questa notte: le azioni organizzare per dimostrare come "non tutto sia controllabile" dalla polizia, la risposta delle forze dell'ordine con l'irruzione le cariche ed i fermi, la solidarietà e l'appoggio degli abitanti del quartiere popolare, la detenzione nel carcere speciale insieme agli altri compagn*.


Notte di resistenza a Copenhagen. Dinnanzi all'ennesima provocazione della polizia e al tentativo di fare irruzione dentro il centro sociale Christiania, questa notte, i compagni e le compagne si sono difesi, per le vie limitrofe del quartiere, cercando di impedire l'avanzata dei reparti di polizia con il lancio di sassi e molotov, all'ingresso dello stabile occupato, erigendo barricate con tutto quel che è stato trovato in strada. 3 elicotteri hanno sorvolato la zona per tutta la notte, in Princess Street la polizia ha fatto uso di gas lacrimogeno ed ha sparato con cannoni ad acqua. Il quartiere è stato militarizzato e praticamente circondato.

Tutto ciò è avvenuto dopo il dibattito tenutosi nell'ex caserma occupata nel 1971, in preparazione della giornata del 16 dicembre "Reclaim Power". Intorno alla mezzanotte la polizia è riuscita a sfondare la barricata principale che difendeva Christiania, altre decine di poliziotti hanno fatto irruzione da un'entrata laterale. Le persone presenti in sala sono state fatte inginocchiare, almeno 200 compagn* sono stati portati a Retortvej con i pullman della polizia. Molti gli italiani fermati, tra loro anche il nostro inviato a Copenhagen, Vincenzo. Nel corso della notte in molti sono stati rilasciati, altri verranno processati per direttissima.


La cronaca dei giorni precedenti del NoCop15:

Tanto rumore per nulla

L'aggressione al presidente del Consiglio permette alla "vittima" Silvio Berlusconi di tornare in pompa magna sulla scena della ribalta, nel suo personalissimo 'Predellino day' bis, chiusosi con una ciliegina sulla torta.

E subito volano alte le parole e ben orchestrate le polemiche. L'Italia sarebbe dunque pervasa da un "clima di guerra civile" e da un "odio imperante". Il gesto di un povero pazzerello diventa un'aggressione premeditata di chi avrebbe bevuto troppo a lungo al calice della cultura intollerante di una sinistra tanto vasta (secondo le vittime di turno) da annoverare tra le proprie file, Di Pietro e i NoGlobal, le toghe rosse e i commentini da bar di milioni di italiani.

Dopo mesi di consenso al minimo storico della sua carriera politica, Berlusconi scopre di non essere tanto amato dagli italiani. Scaltro com'è, sa però bene che questa è anche e soprattutto un'occasione da non perdere.
La distanza tra parola e fatto riconquista la sua (a)normale collocazione dentro un panorama oggettivamente e soggettivamente poco entusiasmante, imbellettato da un apparato mediatico asservito, contorno composito di cortigiani/e, nani e ballerine. Riparte, con un bel giro di manovella, il teatrino della politica-spettacolo, con la reductio ad unum dello scontro sociale a misera maledizione individualizzante contro il sovrano ridotto a 'personaggio'.

E giù tutti a parlare di "violenza", "cultura dell'odio", "clima di intolleranza" e chi più ne ha più ne metta.
Magari... ci verrebbe da dire! Con tutti i pezzi al loro posto però. Ridando alle parole il loro giusto significato. Dove 'Odio' è il diritto conquistato degli oppressi a costituirsi come parte contro i propri dominatori, 'Violenza' l'esercizio di questo tramutato in forza collettiva capace di trasformazione, "guerra civile" lo scenario storico di una grande occasione.
La sana e robusta contrapposizione di blocchi sociali di cui si nutre una Politica con la P maiuscola è fatta di questi nobili sentimenti e di queste inedite possibilità.

Niente di tutto ciò è oggi all'orizzonte. Solo il gesto improprio e senza conseguenze (se non quella di fortificare l'aggredito) di una cultura politica piena di buone intenzioni e umani valori, ormai incapace di nominare le proprie nemesi e i propri obiettivi. Vittima di una cultura individualizzante (e consumista) che crede nelle virtù rivoluzionarie del radicalismo da tastiera o nel bel gesto singolare di chi confonde l'impotenza con la radicalità.

Un pugno in faccia al Papi dell'Italietta (normale esito di tante risse da discoteca e tanti diverbi al semaforo) diventa così la punta sintomatica di un clima di conflitto invero inesistente... se non come latenza da cui è invece sempre più necessario ripartire, per ridare alle parole il loro giusto peso e alle azioni una consequenzialità praticabile.

lunedì 14 dicembre 2009

[No*Cop15] No Border Day of Action

2mila manifestanti in corteo fin sotto il ministero della Difesa, obiettivo simbolico del No Border Day of Action. Pesante blindatura poliziesca

H 14
Si è concluso il corteo dentro la giornata "No Border Day of Action", arrivando fin sotto il ministero della Difesa, obiettivo della protesta di quest'oggi, con una manifestazione per forze di cose pacifica, in un clima blindato montato attorno dalle forze di polizia.

Una manifestazione che, similarmente a quanto avvenuto per le dimostrazioni dei giorni precedenti, è iniziata proseguita e conclusasi dentro la rete della polizia, che ha circondato e seguito il corteo da tutti e quattro i lati. Il tema del controllo e della repressione preventiva è quello che sta facendo più discutere in Danimarca, anche sui giornali mainstream che si interrogano fino a dove siano lecite le misure poliziesche contro i manifestanti.

Il corteo contro le politiche migratorie e la gestione dei flussi migranti climatici, quadro dentro il quale migliaia di persone s'affacciano, soprattutto in Occidente, per fuggire dai disastri ambientali presenti in patria, è riuscito però quest'oggi, seppur con difficoltà di movimento e quindi con interrogativi da porsi, a raggiungere l'obiettivo, che era simbolicamente il raggiungimento del ministero della Difesa.


H 13 Nuovo giorno di mobilitazione a Copenaghen contro i Cop15 che, di giorno in giorno, elencano buone intenzioni, accordi soft, vane promesse e non poche frizioni tra Nord e Sud del pianeta (dove Nord e Sud non indicano solo una collocazione geografica sul planisfero ma differenti poteri di decisione sull'orientamento della macchina-mondo).

I giorni del week-end, secondo le testimonianze di molt* compagn* italian*, non sono state molto esaltanti dal punto di vista del rapporto tra organizzazione (dal basso), radicalità praticabile e facile esposizione ad una repressione poliziesca che può permettersi migliaia di arresti senza perdere un'oncia della propria "democratica" presentabilità e soprattutto riuscendo ad estinguere sul nascere qualsiasi ipotesi di azione diretta.

Dato significativo, resta quello, importante ma certo non sufficiente di un'altissima partecipazione, soprattutto di giovanissimi. Così anche oggi, a grandi eventi consumati, almeno 2000 persone sono partite in corteo per il NoBorder Day of Action.
Nelle intenzioni degli organizzatori, si vorrebbe raggiungere il Ministero della Difesa, per protestare contro le politiche europee in materia di immigrazione.

La manifestazione assume anche però un carattere più specificamente danese. Dall'insediamento del governo di centro-destra, sono aumentate le politiche xenofobe e securitarie che hanno visto una declinazione locale del nostrano 'Pacchetto sicurezza' e la varabilità di leggi speciali come quelle utilizzate questi giorni contro i manifestanti accorsi a contestare il Cop15.
A detta dei nostri contatti, quella di oggi sembra comunque essere una delle iniziative meglio organizzate.

Continua però la presenza asfissiante di forze dell'ordine che praticamente chiudono il corteo, "accompagnandolo", da tutti e quattro i lati.

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giovedì 10 dicembre 2009

11 dicembre: la questura vieta il corteo da La Sapienza


E' di oggi la notizia che la Questura di Roma ha revocato l'autorizzazione del corteo indetto da tutto il mondo della formazione per l'11 dicembre. Partendo da piazzale Aldo Moro, passando per piazzale della Repubblica saremmo dovuti arrivare fin sotto il Ministero dell'Istruzione. Un corteo che in continuità con le mobilitazioni autunnali e con l'assemblea del 20 novembre, vuole rinnovare l'opposizione ai processi di trasformazione di scuola e università, dal D.D.L. Gelmini al D.D.L. Aprea, rivendicando un nuovo welfare per i soggetti precari e in formazione.

Ancora una volta, in tempo di crisi, si vuole limitare la libertà d'espressione e il diritto al dissenso, attraverso l'imposizione di un protocollo amministrativo, valido, quindi, solo per le parti contraenti. Ancora una volta viene agito il tentativo di limitare il protagonismo dei soggetti della formazione, studenti, ricercatori, insegnanti e genitori, che rifiutano di pagare una crisi che non hanno prodotto.

In un paese a democrazia bloccata crediamo invece sia fondamentale rivendicare il nostro diritto a manifestare, contro i processi di dismissione di scuola e università, contro ogni forma di precarizzazione del nostro lavoro e delle nostre vite. Per questo venerdì, in occasione dello sciopero dei lavoratori della conoscenza attraverseremo le strade della città riprendendoci la libertà d'espressione e il diritto a manifestare.

Studenti, precari e lavoratori della conoscenza de La Sapienza
per info: www.uniriot.org

lunedì 7 dicembre 2009

Copenaghen: un vertice che nasce già morto


Unica nota degna d'interesse: proposte e forza dei movimenti!

Parte oggi la Conferenza Mondiale sul Clima Cop15 che si propone "l'ambizioso" obiettivo di diminuire la concentrazione di gas di serra nell'atmosfera alfine di contenere l'ormai inevitabile aumento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi, soglia del disastro ambientale planetario. Nelle dichiarazioni ufficiali del Cop 15, si tratta di "stabilizzare l’ammontare di gas serra emessi nell’atmosfera a livelli che impediscano pericolosi cambiamenti climatici per causa umana". Il summit, il 15° organizzato annualmente dalle Nazioni Unite, proverà - nell'intento ufficiale - a trovare le condizioni per un accordo condiviso tra le 192 nazioni partecipanti all'incontro.

Aldilà dei grossi numeri, la partita si giocherà soprattutto tra le (in)disponibilità delle principali potenze economiche e geo-politiche mondiali a ri-negoziare quote (sic) della propria capacità inquinante. Da una parte gli Stati Uniti con un Obama che annuncia (a parole) grandi disponibilità al "change", dall'altra i paesi del Bric (nuove potenze emergenti con alto tassi di crescita economica: Brasile, Russia, India, Cina) che chiedono una più equa misurabilità del rapporto tra demografia, tasso di sviluppo e livelli delle emissioni. In mezzo un Europa che non conta niente, dà grandi segnali di disponibilità ma non osa pestare i piedi a padroni lontani (Usa) e vicini potenti (Russia). In fondo un'Africa cui nessuno chiede pareri ma che continua ad essere la principale discarica ambientale e umana di uno sviluppo tutto capitalisticamente orientato.

Ma è subito il mainstream informativo a dis-informare e cambiare le carte in tavola delle responsabilità (reali) e delle soluzioni (impossibili) dentro un sistema di poteri e squilibri globalmente ordinato. Così si dà grande spazio alle aperture statunitensi (molto al di sotto delle necessità effettive) e si mette in croce l'India che smonta ogni pezzo della bozza premettendo: nessun controllo sulle emissioni senza aiuti di un Occidente principale responsabile della catastrofe in atto. Si può dargli torto?

Grande questione, piccola politica

L'impasse evidente del vertice è tutta qui, nello sproporzione tra la grandezza della posta in gioco (non una semplice issue tra le altre) e la pochezza di una politica tutta amministrativa, incapace di porre (e porsi) alla giusta altezza di una sfida che comporta, tra gli esiti nefasti possibili, niente meno che la sopravvivenza della specie umana (e forse della stessa vita tout court!).
Sembra infatti ormai scontato che la conferenza di Copenhagen non si concluderà con un accordo vincolante (come è il protocollo di Kyoto) ma con la stesura di accordi volontaristici e promesse di un ulteriore, inutile vertice internazionale da "consumarsi" entro la fine del prossimo anno.

Dentro questo marasma di buone intenzioni e vaghe promesse, gli unici soggetti in grado di comprendere la e dire qualcosa di più e di diverso saranno ancora una volta i movimenti sociali, che convergeranno in massa alle giornate di protesta, tra contro-vertici di sana contro-informazione e manifestazioni di dissenso ed ancor più necessaria azione diretta.
Non è forse un caso che, sul crinale di passaggio tra XX e XXI secolo, una delle grandi novità del movimento NoGlobal che fece la propria irruzione a Seattle 10 anni or sono fu proprio l'intuizione del nesso inestricabile che tiene insieme lotta anti-capitalista e questione ambientale.

A Copenaghen andranno in molti/e. Ma molt* di più saranno quell* che dai quattro angoli di un pianeta sotto minaccia di "data di scadenza" terranno gli occhi aperti e le orecchie tese per vedere cosa saranno in grado di fare movimenti e istituzioni, o meglio i movimenti contro le istituzioni.
Perché c'è un po' di quella battaglia ovunque: nelle lotte indigene che animano i processi costituenti dell'America Latina, nelle resistenze contadine indiane e cinesi contro uno sviluppismo imposto a colpo di Zone Speciali, nelle ragioni di una "piccola battaglia" di territorio come il NoTav, nella colossale e sottaciuta battaglia quotidiana di milioni di abitanti del Sud del mondo contro la giocata in borsa del prezzo delle derrate alimentari su cui si sfamano interi continenti...
Sì, saremo in molt* in questi giorni ad avere gli occhi puntati su Copenaghen!

Infoaut.org

domenica 6 dicembre 2009

Grecia: scontri e fermi ricordando Alexis




A Exarchia manifestazioni e repressione per l'anniversario dell'omicidio del giovane Alexis.
Un anno fa prese il via la rivolta greca seguita all'omicidio ad Atene di Alexandros Grigoropoulos, 15enne colpito a morte dalla pallottola di un poliziotto. In occasione del primo anniversario dalla sua uccisione il movimento greco ha annunciato manifestazioni in tutto il paese e constestualmente è partita la macchina repressiva del governo greco. Da ieri oltre diecimila agenti di polizia sono schierati ad Atene, e ieri sera 163 persone sono state fermate in una serie di retate al centro e alla periferia di Atene alla vigilia delle grandi manifestazioni previste per oggi. 75 persone, tra le quali cinque italiani, sono state poste in stato di arresto. La retate sono avvenute dopo scontri con la polizia avvenuti nel quartiere di Exarchia, al centro di Atene, al termine di un presidio e dopo una irruzione in uno spazio occupato. Tre auto della polizia sono state date alle fiamme. Il movimento studentesco si è mobilitato da alcuni giorni all'insegna dello slogan "Un anno dopo non dimentichiamo". Da venerdì sono occupate centinaia di scuole e facoltà universitarie nella capitale, a Salonicco e in tutto il paese. Il servizio di Radiondadurto da Atene con Achille, compagno del movimento anticapitalista greco e nostro collaboratore.

Ultimi aggiornamenti da Il Corriere.it : Nella capitale e in altre città greche molte persone sono scese in piazza per partecipare a manifestazioni, presto sfociate in nuovi scontri. Nel centro di Atene gli agenti (ne sono stati schierati 12mila) hanno usato gas lacrimogeni contro gruppi di giovani che lanciavano sassi e petardi al loro indirizzo. Il corteo ha raggiunto le sedi del Parlamento e dell'Università: qui, nel tentativo di entrare, alcuni dimostranti hanno picchiato e ferito alla testa il rettore. Il ministro dell'ordine pubblico Michalis Chrisochoidis ha ribadito che «la polizia continuerà a compiere il suo dovere di proteggere i cittadini e non consentirà che i vandali mettano di nuovo a sacco Atene».Episodi violenti sono avvenuti anche a Salonicco, seconda città del Paese, dove alcuni manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro la polizia e danneggiato la vetrina di uno Starbucks cafè. Poco dopo la polizia ha fatto irruzione, con l'accordo del rettore, nel Politecnico per arrestare otto ragazzi.
da Repubblica.it : La situazione si è fatta esplosiva ad Atene, blindata da 12.000 agenti, per i violenti scontri fra gruppi anarchici e dell'estrema sinistra con le forze di polizia. Strede bloccate, lanci di bottiglie molotov, auto date alle fiamme. Dopo una mattinata tutto sommato tranquilla, nel cimitero Paleo Faliro alla periferia della capitale greca, dove si è svolta la cerimonia di comemorazione per la morte (un anno fa) del quindicenne Alexandros Grigoropoulos ucciso dalla polizia, sono ricominciati i disordini in tutta la città.

mercoledì 2 dicembre 2009

COMUNICATO STAMPA TERNI 2 DICEMBRE ’09, IMPORTANTE MANIFESTAZIONE CITTADINA CONTRO LE MORTI DI LAVORO

Un altro morto alla Thyssenkrupp: Diego Bianchina, 31 anni, operaio.

Il 1° dicembre a quasi due anni dal tragico anniversario della strage alla Thyssenkrupp di Torino è morto a Terni un giovane operaio di 31 anni, intossicato dalle esalazioni di acido cloridrico.

Diego Bianchina non doveva essere solo ad effettuare quelle operazioni pericolose che lo hanno portato alla morte. Le morti di lavoro nel nostro paese sono una strage, 4 caduti al giorno, 1.450 l’anno circa, il bilancio di una guerra.

La settimana che è appena conclusa ha visto un grave incidente al Tubificio, ad Aprile un lavoratore delle ditte in appalto è morto, sempre alla Thyssenkrupp. Non si può parlare di tragica fatalità, per quanto ci riguarda le responsabilità sono chiare: i ritmi accelerati di produzione, l’inosservanza delle regole di base per tutelare la salute e la vita dei lavoratori producono un contesto in cui chi la mattina timbra per andare a lavorare rischia di non uscire la sera.

La logica del profitto ha portato a monetizzare la salute dei lavoratori, le leggi attuali hanno anche depenalizzato la responsabilità dei vertici aziendali, ma per noi una cosa è certa: la responsabilità degli incidenti e delle morti di lavoro è dei padroni e degli Amministratori Delegati, cioè di chi fa profitti col lavoro di operai e impiegati. A Torino i vertici della Thyssenkrupp sono stati inquisiti per omicidio volontario. Per noi anche questo di Diego è un omicidio volontario. Per questo, quando si è diffusa la notizia della sua morte gli operai spontaneamente sono usciti dalla fabbrica e hanno bloccato la produzione e viale Brin. Il blocco è continuato con lo sciopero del turno di notte e con quello di tutta la giornata del 2 dicembre.

Ma questa morte non riguarda solo gli operai e la fabbrica, riguarda tutta la città di Terni. Perché la città deve molto, a livello economico, produttivo, occupazionale e storico all’acciaieria.

Per questo l’assemblea spontanea e autorganizzata degli operai ha promosso ed organizzato il corteo del 2 dicembre che è partito dai cancelli della fabbrica in viale Brin ed ha attraversato il centro cittadino.

Al corteo hanno partecipato centinaia di operai e cittadini, durante la manifestazioni i negozi hanno spento le luci e abbassato le saracinesche in segno di solidarietà e lutto. Dopo aver attraversato piazza Tacito ed il corso i manifestanti hanno tenuto un'assemblea sotto palazzo Spada.

All'assemblea, in cui è stato denunciata l’assenza dei sindacati consociativi, hanno parlato operai della Thyssenkrupp, rappresentanti della confederazione Cobas, un'esponente del comitato insegnanti precari, un esponente della rete umbra nomortidilavoro, i collettivi studenteschi e cittadini/e.

Alla l'assemblea ha approvato di proporre al sindaco e all'amministrazione comunale di indire un consiglio comunale straordinario e di proclamare una giornata di lutto cittadino per la morte di Diego.

Terni 2 dicembre ‘09

L’Assemblea spontanea ed autorganizzata degli operai della TK-AST

COBAS-comitati di base della scuola
sede provinciale di Terni, via del Lanificio 19a
apertura: lunedì dalle 17 alle 20
tel. 328 6536553 fax 0744 431314
cobastr@yahoo.it

TERNI 2 DICEMBRE ’09, ORE 16,30 DA VIALE BRIN MANIFESTAZIONE CITTADINA CONTRO LE MORTI DI LAVORO

Un altro morto alla Thyssenkrupp: Diego Bianchina, 31 anni, operaio.

Ieri 1° dicembre a quasi due anni dal tragico anniversario della strage alla Thyssenkrupp di Torino è morto a Terni un giovane operaio di 31 anni, intossicato dalle esalazioni di acido cloridrico.

Diego Bianchina non doveva essere solo ad effettuare quelle operazioni pericolose che lo hanno portato alla morte. Le morti di lavoro nel nostro paese sono una strage, 4 caduti al giorno, 1.450 l’anno circa. UNA GUERRA.

La settimana che è appena conclusa ha visto un grave incidente al Tubificio, ad Aprile un lavoratore delle ditte in appalto è morto, sempre alla Thyssenkrupp. Non si può parlare di tragica fatalità, per quanto ci riguarda le responsabilità sono chiare: i ritmi accelerati di produzione, l’inosservanza delle regole di base per tutelare la salute e la vita dei lavoratori producono un contesto in cui chi la mattina timbra per andare a lavorare rischia di non uscire la sera.

La logica del profitto ha portato a monetizzare la salute dei lavoratori, le leggi attuali hanno anche depenalizzato la responsabilità dei vertici aziendali, ma per noi una cosa è certa: la responsabilità degli incidenti e delle morti di lavoro è dei padroni e degli Amministratori Delegati, cioè di chi fa profitti col lavoro di operai e impiegati. A Torino i vertici della Thyssenkrupp sono stati inquisiti per omicidio volontario. Per noi anche questo di Diego è un omicidio volontario. Per questo, quando si è diffusa la notizia della sua morte gli operai spontaneamente sono usciti dalla fabbrica e hanno bloccato la produzione e viale Brin. Il blocco è continuato con lo sciopero del turno di notte e con quello di tutta la giornata del 2 dicembre.

Ma questa morte non riguarda solo gli operai e la fabbrica, riguarda tutta la città di Terni. Perché la città deve molto, a livello economico, produttivo, occupazionale e storico all’acciaieria.

Per questo l’assemblea spontanea e autorganizzata degli operai propone un corteo che parta nel pomeriggio di oggi, alle ore 16:30, dai cancelli della fabbrica in viale Brin ed attraversi il centro cittadino.

Ø Chiediamo ai lavoratori, ai cittadini, agli studenti, alle forze sociali, politiche e sindacali, alle associazioni di partecipare attivamente alla riuscita della manifestazione.

Ø Chiediamo ai commercianti di abbassare le saracinesche in solidarietà con gli operai ed in lutto con la morte di Diego.

Ø Chiediamo che l’amministrazione comunale proclami un giorno di lutto cittadino.

Ø Chiediamo che la Terni generosa, la città solidale con gli operai per un giorno risponda con fermezza a questo omicidio di lavoro.

INVITIAMO TUTTI A TROVARSI DAVANTI ALLA FABBRICA ALLE 16:30

PERCHE’ NON AVVENGA ANCORA


L’Assemblea spontanea ed autorganizzata degli operai della TK-AST

martedì 1 dicembre 2009

IL RAZZISMO CHE (CI) UCCIDE


Da cosa nasce? Perchè è così contagioso? Come contrastarlo?

Un incontro-dibattito sul razzismo di stato come mezzo di divisione e sfruttamento dei lavoratori, immigrati e italiani; come strumento per far pagare sempre agli stessi le crisi prodotte dal capitalismo

Interverrà Pietro Basso, autore del volume "Razze schiave e razze signore. Vecchi e nuovi razzismi".

Mercoledì 2 Dicembre alle 17.30
Presso il CSA Germinal Cimarelli
(via del lanificio 19/A)

TERNI: OPERAIO MUORE ALLA TK AST

(Ansa)TERNI, 1 DIC - Si chiamava Diego Bianchina, aveva 31 anni e risiedeva a Terni l' operaio morto oggi, attorno alle 11,45, in un incidente sul lavoro all' interno dello stabilimento della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni di cui era dipendente. Sarebbe morto per avere inalato vapori di acidi che stava travasando. Un suo collega, che lo ha soccorso, ha accusato un malore ed e' stato anche lui portato in ospedale per precauzione, ma e' gia' stato dimesso. Bianchina era addetto ai 'servizi ausiliari' dello stabilimento. L' incidente, secondo i primi accertamenti della polizia, e' avvenuto all' aperto, nella zona 'emulsione acidi' antistante l' area del reparto Pix 2. L' operaio con un tubo stava travasando acido cloridrico da un serbatoio in alcune taniche. Improvvisamente si e' sentito male, e' barcollato ed e' caduto a terra. Potrebbe avere inalato vapori di acido che lo avrebbero fatto svenire. La magistratura ha gia' aperto una inchiesta e disposto l' autopsia per appurare le cause della morte.
Un suo collega lo ha visto a terra ed ha cercato di soccorrerlo, ma poi anche lui si e' sentito male forse per avere aspirato le stesse sostanze disperse nell' aria. Bianchina e' stato subito portato con una ambulanza in ospedale ma e' morto durante il tragitto.
Anche il suo soccorritore e' stato accompagnato all'ospedale per motivi precauzionali e poco dopo e' stato dimesso.
Bianchina era molto conosciuto nello stabilimento in quanto era il portiere della squadra di calcio del dopolavoro.

I rappresentanti delle organizzazioni sindacali si sono subito riuniti nella sede del consiglio di fabbrica per un esame del grave episodio, mentre circa 300 lavoratori della Tk-Ast hanno dato vita ad uno sciopero spontaneo di due ore (dalle 14 alle 16) ucendo dallo stabilimento e bloccando il traffico in viale Brin.

Dal canto suo l'azienda esprime “dolore per la scomparsa del proprio dipendente” e dice di essere “vicina alla famiglia alla quale assicurerà tutta l'assistenza necessaria”. In una propria nota, la ThyssenKrupp afferma anche di essere “impegnata a fare luce sulle cause della morte dell'operaio, offrendo la sua collaborazione alle autorita' competenti”.
Il tragico incidente sul lavoro ha provocato una vera e propria valanga di attestati di cordoglio e di prese di posizione da parte dei rappresentanti del mondo politico ed istituzionale, sia a livello nazionale che locale, ma anche tanta rabbia e preoccupazione per le questioni legate alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

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