giovedì 26 agosto 2010

Afghanistan, dodici militari Usa incriminati per l’omicidio di tre civili


Dodici soldati americani sono stati incriminati in relazione alla morte di tre civili in Afghanistan. Cinque militari, accusati di aver ucciso i civili, dovranno rispondere anche dei reati di cospirazione e omicidio premeditato. Secondo quanto si legge sul quotidiano ’The Seattle Times’, i cinque sono stati incriminati per omicidio a giugno dopo la morte di tre civili afghani nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Altri sette militari sono stati incriminati in relazione al caso, per cospirazione, ostacolo alle indagini o per aver tentato di coprire i fatti. Secondo il giornale, tutto e’ iniziato quando un sergente americano ha cominciato a ’scherzare’ con altri soldati su quanto fosse facile ’lanciare una granata’ contro civili afghani e ucciderli. Dalle testimonianze di alcuni commilitoni del sergente, raccolte dagli inquirenti, e’ emerso che il militare dallo scherzo era passato ai fatti, creando una ’squadra della morte’. In base all’accusa, i militari hanno lanciato granate contro due civili afghani, che sono stati poi uccisi a colpi d’arma da fuoco, cosi’ come la terza vittima. Il primo omicidio risale al gennaio scorso, il secondo a febbraio e il terzo a maggio. I soldati avrebbero ucciso i tre afghani durante pattugliamenti.

Il sergente 25enne Calvin Gibbs, con alle spalle già un’altra missione in Afghanistan e una in Iraq, e lo specialista 22enne Jeremy Morlock sono le figure chiave del caso e sono incriminati per tutti e tre gli omicidi. Gibbs, accusato di aver ideato il piano della squadra della morte, respinge ogni accusa. La credibilità delle testimonianze di Morlock, che in Afghanistan assumeva antidepressivi e altri medicinali per curare i traumi provocati da alcuni incidenti subiti, sarà l’elemento decisivo per le sentenze. Inoltre, secondo l’avvocato di Morlock, nel plotone del soldato si faceva un significativo uso di hashish e a volte di oppio. I cinque militari, tutti rinchiusi nella base Lewis-McChord, sono in attesa del verdetto della corte marziale e rischiano l’ergastolo o la pena di morte. Le udienze dovrebbero iniziare alla fine dell’anno.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/26/afghanistan-dodici-militari-usa-incriminati-pre-lomicidio-di-tre-civili/53225/

mercoledì 25 agosto 2010

IL CALCIO NASCE DALLA STRADA...VIVE NELLA STRADA ! comunicato A.S.D.Primidellastrada

Lunedi 30/08/2010 parte ufficialmente, con l'inizio della preparazione, la proposta, o per meglio dire la scommessa sociale e sportiva dell'associazione Primidellastrada. Nasce la squadra di calcio che parteciperà al campionato UISP 2010/2011.

Un modo concreto di fare aggregazione, un modo per portare giovani e meno giovani ad occuparsi di sport, non solo come fattore agonistico e lucrativo, ma soprattutto come valida alternativa a situazioni difficili e degradanti.

Un segnale anche alla inarrestabile deriva del calcio, soffocato da interessi più o meno legittimi, assurde leggi speciali, divieti, schedature, guinzagli, doping ,privilegi, ecc, che hanno trascinato il gioco più bello del mondo e la sua passionale ed ineguagliabile cornice in una palude dalla quale tornare a galla sarà molto, molto complicato.

La nostra è, e sarà una realtà aperta a tutti coloro che credono in determinati valori dello sport popolare, ma soprattutto a chi si sentirà rappresentato dall'azione sociale di essa. Una realtà che viva la strada in modo pulito ed orgoglioso, con senso di rivalsa ed ambizione, che escluda l'utilizzo di qualsiasi strana scorciatoia. Ogni obbiettivo dovrà essere frutto dell'impegno e del lavoro singolo e collettivo che inevitabilmente dovrà essere messo a disposizione di chi ne ha più bisogno.

Invitiamo tutti coloro che condividono le nostre idee o che sono desiderosi di approfondirle, a sostenere anche fuori dal campo ii calcio che tutti noi amiamo, cercando di creare un' alternativa a chi pensa di appropriarsi dello sport usando la speculazione e la repressione come grimaldello.

Associazione Sportiva Dilettantistica Primidellastrada

Moretti alla festa del Pd a Livorno?

Venerdì 27 agosto, l'Amministratore delegato delle ferrovie, M. Moretti, sarà presente alla festa del Pd di Livorno per parlare di "Alta velocità". Così a noi risulta.
Questo signore, anziché discutere (e garantire !) di sicurezza e salute per i cittadini, i viaggiatori ed i lavoratori, se ne va in giro, tra un convegno ed una festa, a parlare di ben altro.

Il Pd di Livorno farebbe meglio ad utilizzare il proprio tempo ed i propri spazi a sostegno dei familiari delle vittime e dei Comitati che da oltre un anno conducono la battaglia per sicurezza, verità e giustizia, invece di invitare e dare voce all'Ad delle società coinvolte nella strage di Viareggio del 29 giugno 2009.

Siccome non è mai troppo tardi, invitiamo noi (questa volta) il Pd ad annullare questa ‘offesa'; diversamente saremo ‘costretti' ad essere presenti per ricordare al signor Moretti e, in questa occasione anche al Pd di Livorno, il nostro dolore ed il nostro desiderio di giustizia e di verità.

Considerando anche il fatto che a Viareggio sono state raccolte migliaia di firme (10.000 !) contro la rinomina di Moretti ad Ad delle ferrovie e contro le frasi ingiuriose pronunciate da lui stesso nelle audizioni parlamentari.

Non aver preso in considerazione questo pronunciamento popolare ed aver manifestato invece completa indifferenza, ha rappresentato l'ennesima offesa nei confronti delle 32 vittime, dei feriti, dei sopravvissuti.

Inoltre, apprezziamo la dichiarazione della senatrice Manuela Granaiola e del segretario della federazione della Versilia Corsetti nel definire la presenza di Moretti a tale iniziativa un "segno di scarsa sensibilità" da parte dei promotori.

Associazione familiari delle vittime "Il mondo che vorrei"
Assemblea 29 giugno

Liberté, égalité, expulsion


Ti daremo 300 euro per andare via da qui, non sei un bello spettacolo. Questo elegante invito, finora, è stato accettato da 371 persone. Novantatré sono partite il 19 agosto, altre 130 il giorno successivo. Le rimanenti si leveranno di mezzo il 26. Entro fine settembre arriveremo a quota 700. Dov’è che vanno tutte queste persone? Bucarest, principalmente. Sofia, in alternativa. Continuiamo a chiamarle persone, ma per qualcuno la definizione suonerà imprecisa. Sono rom.

E’ probabile che il presidente francese Nicolas Sarkozy la notte fatichi a dormire. Nei sondaggi è ai minimi storici. Le elezioni presidenziali del 2012 si fanno sempre più vicine e lui deve trovare un modo per risollevarsi. Le scarpe col tacco non bastano, Sarkò si sente ancora addosso la patina appiccicosa lasciata dal caso Bettencourt. Quello che ci vuole è un’arma di distrazione di massa. Non una qualsiasi, ma la più antica ed efficace. Nicolas si gioca la carta “sicurezza e disciplina”, trattando i francesi come bambini che hanno ancora paura del buio.

A fine luglio l’obiettivo è chiaro, bisogna prendere provvedimenti contro “il comportamento di taluni appartenenti alle comunità rom e nomadi”. Pare che il 79% dei francesi appoggi la crociata. Brice Hortefeux, il ministro degli Interni, riceve l’incarico di smantellare nel più breve tempo possibile 300 campi ritenuti illegali. Agli ordini, mon président: in tre settimane ruspe governative e poliziotti mandano all’aria più di 50 campi rom.

A questo punto possono iniziare i “rimpatri volontari”, un teatrino che preoccupa l’Unione Europea. La Francia “deve rispettare le regole sulla libertà di circolazione e di residenza dei cittadini europei - è il monito di Matthew Newman, portavoce del commissario europeo alla Giustizia - vigileremo molto attivamente per verificare che tutte le norme siano rispettate”. Gli risponde Bernard Valero, portavoce del ministro degli Esteri francese, sottolineando che si tratta di “misure pienamente conformi alle regole europee”, che prevedono specifiche “restrizioni al diritto di libera circolazione”. Incredibilmente, ha ragione lui.

Quando tre anni fa Romania e Bulgaria entrarono nell’Unione Europea, la Francia, avvalendosi di una deroga concessa da Bruxelles fino al 2014, mantenne alcuni vincoli all’accoglienza dei cittadini provenienti dai due Paesi. Bulgari e romeni possono tranquillamente entrare in Francia e restarci per tre mesi senza dover rendere conto a nessuno. Ma, scaduto il periodo, per restare devono essere iscritti a una cassa di assicurazione malattie e dimostrare di avere un lavoro o di essere studenti. Chi intendesse assumerli come dipendenti deve poi ottenere una “autorizzazione di lavoro”, che viene rilasciata per soli 150 tipi di impiego. Quelli che i francesi gradiscono meno. Se disgraziatamente alla fine del trimestre non soddisfano questi requisiti, bulgari e romeni devono tornare a casa. Con le buone o con le cattive. Se evitano di fare storie, hanno diritto all’ “aiuto al ritorno umanitario” (300 euro per gli adulti, 100 per i minori), ma devono lasciarsi prendere le impronte digitali.

Aldilà dal ritorno elettorale, tutta questa iniziativa volta alla purificazione del suolo francese è completamente inutile. La maggior parte dei rom incasserà graziosamente l’assegno, si lascerà riportare in patria con un aereo pagato dai contribuenti francesi, e tornerà in Francia via terra. Per questo Hortefeux da giorni chiede la collaborazione della Commissione Europea per organizzare un “programma d’integrazione” dei rom espulsi nel loro paesi d’origine. La questione non è sfuggita al quotidiano bulgaro Sega, che fa notare un paradosso: i governi di Bucarest e Sofia potrebbero trattenere con la forza i cittadini rimpatriati solo se scegliessero di tornare al regime comunista. Bei tempi, quando c’era il visto d’uscita.

In Romania forse sono meno sarcastici, ma piuttosto espliciti: “Esprimo la mia inquietudine sui rischi di una deriva populista - afferma Teodor Baconschi, ministro degli Esteri romeno - e sul generarsi di reazioni xenofobe, con la crisi economica che fa da sfondo. Se continuiamo a criminalizzare a titolo collettivo dei gruppi etnici, non andiamo da nessuna parte. Resuscitiamo solo spiacevoli ricordi storici”. Da notare che Baconschi, in passato, è stato ambasciatore di Bucarest a Parigi e che a sua volta, qualche mese fa, è stato accusato di razzismo per improvvide affermazioni sulla delinquenza fra i rom. Il destino di Teodor ha il senso dell’umorismo.

Intanto il suo presidente, Traian Basescu, ha un bel da fare. In nessun caso vorrebbe rovinare i rapporti fra Romania e Francia, ma nemmeno si lascia sfuggire l’occasione per ripetere ad una platea mai così ampia una proposta che continua a fare dal 2008: “Quello che succede a Parigi dimostra la necessità di un programma europeo per l’integrazione dei rom”.

Un ultimo dato. Il 95% dei nomadi residenti in Francia sono francesi. Con loro come la mettiamo? Dove li possiamo spedire? Tecnicamente, le parole “nomade” e “rom” non sono affatto sinonimi, ma pare che nemmeno nei discorsi ufficiali si faccia caso a questa sottigliezza. In realtà, non fa tanta differenza. Tieniti stretta la borsa se uno di loro ti cammina accanto in strada. Metti una mano sulla tasca dove tieni il portafogli. Noi siamo quelli che hanno inventato i diritti civili. Loro sono rom.

Carlo Musilli

tratto da www.altrenotizie.org

sabato 21 agosto 2010

Liberi, uguali, fratelli... ...deportati!

La deportazione dei Rom dalla Francia, voluta dalla politica populista del presidente Sarkozy, ripropone domande sul ruolo delle istituzioni comunitarie in relazione alle migrazioni interne/esterne al continente Europa.

20 / 8 / 2010

E se questo vuol dire rubare,questo/ filo di pane tra miseria e sfortuna /allo specchio di questa kampina /ai miei occhi limpidi come un addio / lo puó dire soltanto chi sa di reccogliere in bocca /il punto di vista di Dio. (F. De andrè, Khorakhanè)

Abbiamo tante volte parlato della fortezza Europa, della distinzione tra cittadini comunitari e cittadini dei paesi terzi come la linea giuridica e sociale attraverso la quale passava l’accesso ai diritti. La sorte dei Rom europei, comunitari anzi, è l’esempio più eclatante di come questo criterio non sia valido, in realtà, per tracciare in Europa quella che Foucault ha definito la separazione biopolitica tra chi deve vivere e chi può essere lasciato morire, necessaria al fine di rendere le società governabili.

Quello che sta accadendo in questi giorni in Francia, l’espulsione collettiva di centinaia di Rom (93 persone sono già state deportate su due voli da Lione e da Parigi verso la Romania e la Bulgaria, e altri due aerei sono previsti entro fine agosto) è la concretizzazione dell’esistenza di almeno due diversi livelli di cittadini comunitari, e per quelli di serie B non sembrano servire a nulla il diritto dei Trattati e delle Convenzioni, né le Raccomandazioni e le Direttive europee. Bene che la Commissione sia stato il primo organo istituzionale a reagire, a ricordare che i Rom bulgari e Rumeni sono cittadini dell’Unione e che nei loro confronti non può essere attuato nessun diritto speciale. Ma è da tempo che, in tema di migrazioni, i governi non sembrano dare troppa importanza alle dichiarazioni che provengono da Bruxelles e da Strasburgo. Basti pensare all’Italia e al modo in cui ha del tutto ignorato la netta opposizione del Consiglio d’Europa alla prassi dei respingimenti di migliaia di migranti, quasi tutti potenziali rifugiati, verso le carceri e il deserto libico.

L’Europa della coesione sociale e dei progetti come quello che prevede 17,5 miliardi di euro stanziati dalla Commissione per il periodo 2007-2013 per l’integrazione dei Rom in 12 paesi Ue, sembra venire costantemente sopraffatta da quella securitaria e poliziesca, che utilizza il fenomeno delle migrazioni, ovvero la vita di milioni di persone, come strumento delle campagne elettorali combattute a suon di terrore da incutere tra la gente e da curare, subito dopo, con spettacoli indecenti come quello cui si sta assistendo in questi giorni nel paese della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità. Che le vittime siano dei cittadini comunitari, status che loro malgrado i paesi della nuova Unione a 27 hanno visto accordare anche alle minoranze dei nuovi Stati aderenti, rende solo più evidente la gravità di questa situazione.

E poi ci sono i Rom, nello specifico, questa popolazione che secondo il Consiglio d’Europa non supera i dodici milioni di persone, e che ha subito le peggiori persecuzioni della storia. Le peggiori sì, perché quelle in proporzione meno commemorate e ammesse, quelle quasi giustificate dalla “diversità” di questa gente stabilita molto spesso su enormi equivoci come quello di ritenere che si tratti di persone che hanno tutte la vocazione culturale a non stanziarsi in nessun luogo, pregiudizio infondato che giustifica il loro concentramento in campi dove la dignità umana viene costantemente violata.

Nessun progetto davvero concreto per loro, perché troppo sfuggenti a tutte le categorie previste e troppo comodi, certamente, come capri espiatori da sacrificare in ogni momento grazie alla loro fragilità: una popolazione fragile, che dei pregiudizi che l’hanno sempre circondata è stata costretta a fare uno stile di vita.

È troppo stupido dire qui, adesso, cose ovvie come quelle che anche tra i rom, o soprattutto tra i rom, c’è gente che delinque, o che molti bambini Rom non vanno a scuola. Si stenta a credre che nel 2010, dopo il terribile passato di questo continente in tema di razzismo e intolleranza, si sia ancora capaci di criminalizzare intere etnie attarverso la loro stigmatizzazione in quanto problema sociale.

Le cause formali delle deportazioni francesi di questi giorni sono confuse. Si va dalla giustificazione del rimpatrio volontario (e negli ultimi anni abbiamo imparato bene quanto volontari siano la maggior parte dei rimpatri dall’Europa), alla mancanza di mezzi e alla pericolosità sociale. Questi ultimi due elementi vengono enunciati insieme, come se fossero la stessa cosa, senza fare alcuna distinzione tra i singoli casi, anche se il governo francese continua a dire che tutte le posizioni dei rimpatriati sono state analizzate individualmente. Eppure proprio la Francia, con la legge Besson del luglio del 2000 aveva attuato uno degli strumenti più avanzati in materia di “integrazione” non solo dei Rom stanziali ma “addirittura” delle “gens de voyage”. Peccato che le aree attrezzate che dovevano sorgere in ogni Comune non siano nate che in minima parte. Da qui la costrizione, per queste persone, a stazionare illegalmente dove riescono, a errare di continuo. Ma è sempre più semplice colpevolizzare chi subisce una mancanza istituzionale che valutare i come e i perché di quell’inadempimento.

Alla criminalizzazione della povertà, del resto, siamo sempre più avvezzi in questa società liberale in crisi in cui chi affonda (a meno che non si tratti di una banca) diventa da un giorno all’altro un marginale e un potenziale pericolo. Ogni giorno che passa stiamo scegliendo la nostra Europa, e al di là dell’operato dei governi e delle dichiarazioni delle istituzioni europee, quel che fa davvero paura è la mancanza di reazione della maggior parte dei cittadini, il restare indiffrenti o compiaciuti di fronte ad azioni di polizia come quelle francesi o ai respingimenti dei profughi verso trattamenti inumani e degradanti. Il non sentirsi mai in qualche modo responsabili del destino degli altri perché troppo intenti a difendere il proprio senza mai capire che esiste un’interdipendenza inscindibile.

Finchè non verremo tutti toccati dentro le nostre case, direbbe Brecht, e non ci sarà rimasto più nessuno a protestare per la nostra sorte.

Liberi, uguali, fratelli... ...deportati!

La deportazione dei Rom dalla Francia, voluta dalla politica populista del presidente Sarkozy, ripropone domande sul ruolo delle istituzioni comunitarie in relazione alle migrazioni interne/esterne al continente Europa.

20 / 8 / 2010

E se questo vuol dire rubare,questo/ filo di pane tra miseria e sfortuna /allo specchio di questa kampina /ai miei occhi limpidi come un addio / lo puó dire soltanto chi sa di reccogliere in bocca /il punto di vista di Dio. (F. De andrè, Khorakhanè)

Abbiamo tante volte parlato della fortezza Europa, della distinzione tra cittadini comunitari e cittadini dei paesi terzi come la linea giuridica e sociale attraverso la quale passava l’accesso ai diritti. La sorte dei Rom europei, comunitari anzi, è l’esempio più eclatante di come questo criterio non sia valido, in realtà, per tracciare in Europa quella che Foucault ha definito la separazione biopolitica tra chi deve vivere e chi può essere lasciato morire, necessaria al fine di rendere le società governabili.

Quello che sta accadendo in questi giorni in Francia, l’espulsione collettiva di centinaia di Rom (93 persone sono già state deportate su due voli da Lione e da Parigi verso la Romania e la Bulgaria, e altri due aerei sono previsti entro fine agosto) è la concretizzazione dell’esistenza di almeno due diversi livelli di cittadini comunitari, e per quelli di serie B non sembrano servire a nulla il diritto dei Trattati e delle Convenzioni, né le Raccomandazioni e le Direttive europee. Bene che la Commissione sia stato il primo organo istituzionale a reagire, a ricordare che i Rom bulgari e Rumeni sono cittadini dell’Unione e che nei loro confronti non può essere attuato nessun diritto speciale. Ma è da tempo che, in tema di migrazioni, i governi non sembrano dare troppa importanza alle dichiarazioni che provengono da Bruxelles e da Strasburgo. Basti pensare all’Italia e al modo in cui ha del tutto ignorato la netta opposizione del Consiglio d’Europa alla prassi dei respingimenti di migliaia di migranti, quasi tutti potenziali rifugiati, verso le carceri e il deserto libico.

L’Europa della coesione sociale e dei progetti come quello che prevede 17,5 miliardi di euro stanziati dalla Commissione per il periodo 2007-2013 per l’integrazione dei Rom in 12 paesi Ue, sembra venire costantemente sopraffatta da quella securitaria e poliziesca, che utilizza il fenomeno delle migrazioni, ovvero la vita di milioni di persone, come strumento delle campagne elettorali combattute a suon di terrore da incutere tra la gente e da curare, subito dopo, con spettacoli indecenti come quello cui si sta assistendo in questi giorni nel paese della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità. Che le vittime siano dei cittadini comunitari, status che loro malgrado i paesi della nuova Unione a 27 hanno visto accordare anche alle minoranze dei nuovi Stati aderenti, rende solo più evidente la gravità di questa situazione.

E poi ci sono i Rom, nello specifico, questa popolazione che secondo il Consiglio d’Europa non supera i dodici milioni di persone, e che ha subito le peggiori persecuzioni della storia. Le peggiori sì, perché quelle in proporzione meno commemorate e ammesse, quelle quasi giustificate dalla “diversità” di questa gente stabilita molto spesso su enormi equivoci come quello di ritenere che si tratti di persone che hanno tutte la vocazione culturale a non stanziarsi in nessun luogo, pregiudizio infondato che giustifica il loro concentramento in campi dove la dignità umana viene costantemente violata.

Nessun progetto davvero concreto per loro, perché troppo sfuggenti a tutte le categorie previste e troppo comodi, certamente, come capri espiatori da sacrificare in ogni momento grazie alla loro fragilità: una popolazione fragile, che dei pregiudizi che l’hanno sempre circondata è stata costretta a fare uno stile di vita.

È troppo stupido dire qui, adesso, cose ovvie come quelle che anche tra i rom, o soprattutto tra i rom, c’è gente che delinque, o che molti bambini Rom non vanno a scuola. Si stenta a credre che nel 2010, dopo il terribile passato di questo continente in tema di razzismo e intolleranza, si sia ancora capaci di criminalizzare intere etnie attarverso la loro stigmatizzazione in quanto problema sociale.

Le cause formali delle deportazioni francesi di questi giorni sono confuse. Si va dalla giustificazione del rimpatrio volontario (e negli ultimi anni abbiamo imparato bene quanto volontari siano la maggior parte dei rimpatri dall’Europa), alla mancanza di mezzi e alla pericolosità sociale. Questi ultimi due elementi vengono enunciati insieme, come se fossero la stessa cosa, senza fare alcuna distinzione tra i singoli casi, anche se il governo francese continua a dire che tutte le posizioni dei rimpatriati sono state analizzate individualmente. Eppure proprio la Francia, con la legge Besson del luglio del 2000 aveva attuato uno degli strumenti più avanzati in materia di “integrazione” non solo dei Rom stanziali ma “addirittura” delle “gens de voyage”. Peccato che le aree attrezzate che dovevano sorgere in ogni Comune non siano nate che in minima parte. Da qui la costrizione, per queste persone, a stazionare illegalmente dove riescono, a errare di continuo. Ma è sempre più semplice colpevolizzare chi subisce una mancanza istituzionale che valutare i come e i perché di quell’inadempimento.

Alla criminalizzazione della povertà, del resto, siamo sempre più avvezzi in questa società liberale in crisi in cui chi affonda (a meno che non si tratti di una banca) diventa da un giorno all’altro un marginale e un potenziale pericolo. Ogni giorno che passa stiamo scegliendo la nostra Europa, e al di là dell’operato dei governi e delle dichiarazioni delle istituzioni europee, quel che fa davvero paura è la mancanza di reazione della maggior parte dei cittadini, il restare indiffrenti o compiaciuti di fronte ad azioni di polizia come quelle francesi o ai respingimenti dei profughi verso trattamenti inumani e degradanti. Il non sentirsi mai in qualche modo responsabili del destino degli altri perché troppo intenti a difendere il proprio senza mai capire che esiste un’interdipendenza inscindibile.

Finchè non verremo tutti toccati dentro le nostre case, direbbe Brecht, e non ci sarà rimasto più nessuno a protestare per la nostra sorte.

venerdì 20 agosto 2010

Morire di carcere: dossier 2009

Nei primi 7 mesi dell'anno si sono uccisi 45 detenuti

I suicidi in carcere sono in "lieve riduzione", come sostiene il Sottosegretario Caliendo? Secondo noi è esattamente il contrario, a fine anno probabilmente avremo il numero più alto di detenuti suicidi mai registrato nelle carceri italiane.

I suicidi in carcere sono in "lieve riduzione", come sostiene il

Secondo noi è esattamente il contrario, a fine anno probabilmente avremo il numero più alto di detenuti suicidi mai registrato nelle carceri italiane. Dall’inizio dell’anno ad oggi nel Centro Studi di "Ristretti Orizzonti" abbiamo già "registrato" (e documentato) 45 suicidi nelle carceri - ed alcuni altri casi ci sono sicuramente sfuggiti - mentre in tutto l’anno 2008 i suicidi "ufficialmente riconosciuti" furono 42.

Va detto che nel nostro dossier "Morire di carcere" lo scorso anno abbiamo documentato il suicidio di 48 detenuti, la differenza è data dal fatto che per il Ministero della Giustizia sono "suicidi in carcere" soltanto i casi nei quali il detenuto viene ritrovato già cadavere, oppure muore prima di essere caricato sulla autoambulanza: nel momento in cui il detenuto esce dall’istituto (anche se in coma profondo) scompare dalle statistiche dei suicidi in carcere.

Nel nostro Dossier invece, consideriamo "suicidi in carcere" anche i casi dei detenuti che muoiono durante il trasposto all’ospedale, oppure dopo alcuni giorni di ricovero senza riprendersi dal coma, come è successo il 12 luglio scorso, ad Imperia, per il detenuto algerino Dibe Rachid Salah.

Dal grafico che vedete sotto risulta evidente come nei primi 7 mesi di quest'anno il numero dei detenuti suicidi sia quasi raddoppiato, rispetto a due anni fa, quando nelle carceri era ancora tangibile l'effetto deflattivo dell'indulto.

Di seguito l'elenco dei detenuti morti: cliccando sui nomi è possibile leggere le loro storie.

Francesco Morelli, curatore del Dossier

Elenco del casi raccolti nel 2009 (in ordine cronologico)

attenzione: non riesco ad eliminare tutto questo spazio vuoto, ma più in basso c'è l'elenco


Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto


Aziz, marocchino

34 anni

03 gennaio 2009

Suicidio

Spoleto


Salvatore Mignone

37 anni

04 gennaio 2009

Omicidio

Secondigliano (Na)


Edward Ugwoj Osuagwu

35 anni

17 gennaio 2009

Suicidio

Alessandria


Rocco Lo Presti

72 anni

24 gennaio 2009

Da accertare

Torino


Detenuto croato

37 anni

26 gennaio 2009

Suicidio

Poggioreale (Na)


Francesco Lo Bianco

28 anni

27 gennaio 2009

Da accertare

Ucciardone (Pa)


M.B., detenuto italiano

60 anni

30 gennaio 2009

Suicidio

Sollicciano (Fi)


Gaetano Sorice

38 anni

31 gennaio 2009

Overdose

Teramo (scarcerato)


Vincenzo Sepe

54 anni

01 marzo 2009

Suicidio

Bellizzi Irpino (AV)


Mohamed, marocchino

26 anni

06 marzo 2009

Suicidio

S.M. Maggiore (VE)


Leonardo Di Modugno

25 anni

08 marzo 2009

Suicidio

Foggia


Giuliano D., italiano

24 anni

08 marzo 2009

Suicidio

Velletri (RM)


Giancarlo Monni

35 anni

09 marzo 2009

Malattia

Cagliari


Detenuto italiano

37 anni

16 marzo 2009

Suicidio

Poggioreale (NA)


Jed Zarog

30 anni

17 marzo 2009

Suicidio

C.C. di Padova


Detenuto algerino

42 anni

19 marzo 2009

Da accertare

C.I.E. di Roma


Marcello Russo

38 anni

22 marzo 2009

Suicidio

Voghera (PV)


Francesco Esposito

27 anni

27 marzo 2009

Suicidio

Poggioreale (NA)


Carmelo Castro

20 anni

27 marzo 2009

Suicidio

Piazza Lanza (CT)


Gianclaudio Arbola

43 anni

31 marzo 2009

Suicidio

Marsala (TP)


Detenuto tunisino

28 anni

13 aprile 2009

Suicidio

Pisa


Andrei Zgonnikov

47 anni

16 aprile 2009

Suicidio

Salerno


Antonino Saladino

57 anni

20 aprile 2009

Suicidio

Viterbo


Daniele Topi

37 anni

21 aprile 2009

Suicidio

Rimini


Ihssane Fakhreddine

30 anni

24 aprile 2009

Da accertare

Firenze


Franco Fuschi

63 anni

26 aprile 2009

Suicidio

Alessandria


Graziano Iorio

41 anni

1 maggio 2009

Suicidio

Poggioreale (Na)


Ion Vassiliu

21 anni

1 maggio 2009

Suicidio

Pisa


Nabruka Mimuni

44 anni

7 maggio 2009

Suicidio

Roma (C.I.E.)


L.P., detenuto italiano

27 anni

15 maggio 2009

Da accertare

Campobasso


Detenuto marocchino

30 anni

15 maggio 2009

Da accertare

C.C. Padova


Detenuto marocchino

25 anni

19 maggio 2009

Suicidio

Bergamo


Samir Mesbah

36 anni

27 maggio 2009

Suicidio

Firenze


Detenuto italiano

40 anni

30 maggio 2009

Malattia

Terni


Vincenzo Nappo

43 anni

09 giugno 2009

Suicidio

Opg Aversa (Ce)


Detenuto italiano

79 anni

09 giugno 2009

Malattia

Secondigliano (Na)


Antonio Chiaranza

32 anni

10 giugno 2009

Suicidio

Crotone


Anna Nuvoloni

40 anni

11 giugno 2009

Da accertare

Sollicciano (Fi)


Charles Omofowan

32 anni

14 giugno 2009

Malattia

Lanciano (Ch)


Rino Gerardi

38 anni

16 giugno 2009

Da accertare

Venezia S.M.M.


Detenuto marocchino

30 anni

18 giugno 2009

Suicidio

Brindisi (Caserma)


Detenuta italiana

35 anni

21 giugno 2009

Suicidio

Civitavecchia (Rm)


Detenuto indiano

30 anni

21 giugno 2009

Suicidio

Vercelli


Khalid Husayn

79 anni

21 giugno 2009

Malattia

Benevento


Detenuta italiana

28 anni

06 luglio 2009

Da accertare

Sollicciano (FI)


Dibe Rachid Salah

35 anni

12 luglio 2009

Suicidio

Imperia


Eugenio La Ferla

34 anni

13 luglio 2009

Suicidio

Alghero (SS)


Stefano Frapporti

50 anni

21 luglio 2009

Suicidio

Rovereto (TN)


Detenuto tunisino

19 anni

25 luglio 2009

Suicidio

I.P.M. di Bari


Gerardo D’Argenzio

42 anni

27 luglio 2009

Da accertare

Lecce


Vincenzo Marino

44 anni

28 luglio 2009

Da accertare

Rebibbia (RM)


Emilio Angelini

45 anni

31 luglio 2009

Suicidio

Livorno


Antonio Virelli

24 anni

31 luglio 2009

Suicidio

Reggio Calabria

Le storie dei detenuti "morti di carcere"

I detenuti morti nel mese

di luglio 2009

I detenuti morti nel mese di

giugno 2009

I detenuti morti nel mese di ma

ggio 2009

I detenuti morti nel mese di

aprile 2009

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marzo 2009

I detenuti morti nel mese di gennaio 20

09

Dossier completo 200

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